Margherita Billi, classe 2B della scuola secondaria, è stata premiata dall’Associazione Famiglia Legnanese.
Un’alunna della scuola secondaria dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Castellanza è stata premiata dall’Associazione Famiglia Legnanese nell’ambito del premio poesia e narrativa “Giovanni da Legnano”, aggiudicandosi il quarto premio della sezione dedicata agli studenti delle scuole secondarie di primo grado – narrativa a tema libero.
La competizione celebra da sempre e riconosce i talenti creativi in ambito poetico e narrativo. Il premio ed evento culturale vuole onorare la memoria di Giovanni da Legnano, illustre poeta e scrittore legnanese del 1300.
La “Famiglia Legnanese”, è una libera associazione culturale apartitica, apolitica, senza fini di lucro, fondata il 27 febbraio 1951 in Legnano. Opera in Legnano ed ha al centro dei suoi principi ispiratori i valori cristiani, della famiglia e della socialità rivolta a favore del prossimo. Esalta spirito, opere e tradizioni legnanesi, promuove manifestazioni culturali, artistiche, turistiche, storiche e ricreative. Ha anche una sua Fondazione (ente morale con decreto del Ministro dell’Interno del 1/8/1996) che distribuisce ogni anno borse di studio.
Margherita, classe 2B della scuola secondaria, è stata insignita del riconoscimento nel corso di una cerimonia che si è tenuta sabato 17 maggio presso la sede dell’Associazione di Villa Jucker. Ecco il testo integrale da lei scritto.
Un, due, tre, scrittura!
“Dai, alzati!” Mi urlò mia madre dalle scale. E, fin lì, niente di speciale. Il punto è che era domenica! Capite?
Domenica, alle sei di mattina, io ero sicuramente l’unico ragazzo della mia età di tutta Firenze che si alzava a quell’ora. Almeno lo facevo per un motivo valido. Scendendo assonnato dalle scale, intravvidi tra le palpebre socchiuse mia madre al lavandino, frenetica come sempre.
Concentrandomi sulla mia colazione, la trangugiai e mi infilai in bagno, dal quale riemersi pronto per partire.
Pur essendo di città, mi è sempre piaciuto andare in montagna: infatti, io e mia madre ci andavamo quasi ogni weekend. Salii in macchina e mi misi le cuffie (la salvezza, se non vuoi morire di noia in un viaggio da Firenze al Piemonte). Una volta lì, sarei andato subito a chiamare una mia amica: ci conosciamo fin da piccoli e lei mi ha sempre insegnato un sacco di robe strabilianti sui boschi che circondano il suo paesino, essendo un’abitante del posto.
Che dire, è un luogo tranquillo, niente male. Io e Mia andiamo sempre in giro nei boschi: ormai siamo abbastanza grandi per badare a noi stessi. Mamma mi lascia andare in giro per i boschi senza di lei, solo se sono insieme a Mia, e non penso sia una cattiva idea. Mia è responsabile, intelligente e anche un po’ silenziosa, ma è leale e, soprattutto, è bellissima: ha dei lunghi capelli corvini e i suoi occhi verdi sono sempre ridenti e pieni di curiosità.
Delle leggerissime lentiggini le fanno capolino sul naso grazioso, come se qualcuno ce le avesse spruzzate sopra. E’ alta quanto me, forse un pochino meno, anche se lo nega. Non la vedo da un mese e mi manca tantissimo. Purtroppo la lontananza accentua questa sensazione, tanto che sono impaziente di rivederla. Quando sono sceso dall’auto mi è arrivata una brezza fresca sul viso, e l’odore di bosco mi ha inebriato come non mai. Presi la mia borsa con dentro il necessario per stare nel bosco e andai diretto sotto casa sua. Non l’avevo avvisata del mio arrivo; volevo farle una sorpresa. Suonai il citofono e aspettai impaziente una risposta. Questa arrivò dopo pochi secondi, da parte di sua madre: “Chi è?” – “Sono Roby, io e la mamma siamo appena arrivati, rimaniamo qui in montagna per qualche giorno!”-
“Roby! Che piacere! Ti mando subito Mia, sarà felicissima di vederti!”. Il collegamento si chiuse e aspettai. Quando Mia fece la sua apparizione davanti alla porta d’ingresso, un entusiasmo percorse tutto il mio corpo, soffermandosi più del dovuto sul cuore: – “Ciao Mia!”- le urlai. In risposta, lei mi venne incontro felice: “Roby! Che bello!” E poi, facendosi più seria aggiunse: “Non mi hai detto che venivi!” – e mise su un broncio finto, che mi fece sorridere.
La abbracciai e, tra scambi di battute e racconti di ciò che avevamo passato da quando ci eravamo visti l’ultima volta, percorremmo il sentiero che portava nel nostro luogo preferito: il Nido. Il Nido non era per niente un nido, non ci assomigliava neanche, eppure avevamo scelto quel nome da quando ci eravamo accorti che, stando lì, insieme, tutti i problemi svanivano e ci sentivamo protetti e calmi. Il Nido è un piccolo laghetto in mezzo al bosco, con dei pesci guizzanti nelle sue acque limpide. Le rive sono coperte da un’erbetta soffice che rende piacevolissimo camminarci sopra scalzi. Anche fare il bagno non è male. Su uno spiazzetto d’erba avevamo costruito un piccolo rifugio, piuttosto resistente per essere stato eretto da due ragazzi di quattordici anni. In ogni stagione, al suo interno c’è sempre la temperatura ideale. Il Nido è un posto magico: quando il sole filtra tra le fronde, l‘acqua si riempie di bellissime sfumature. Decidemmo di entrare nel Rifugio, per constatare con i nostri occhi se bisognasse migliorare qualcosa o ripararlo. Sembrava tutto a posto, se non si teneva conto degli snack dimenticati in un cassetto.
All’interno del Rifugio ci sono due piccoli mobili, costituiti interamente da cassetti in legno. Le pareti sono dello stesso materiale. Quando entri dalla porta che dà sul laghetto, infatti, ti travolge un odore buonissimo di legno.
Dal soffitto pende una lampadina da campeggio che ricarichiamo ogni giorno attraverso una manovella e che rischiara completamente il pavimento in pietra. Nel Rifugio c’è solo una finestrella, apribile dall’interno. Adoro quando io e Mia siamo soli, nel Rifugio o sulle rive del laghetto. Lei mi parla sempre di tantissime cose, e io ascolto, ascolto. Ci confidiamo segreti, mentre lei tuffa i suoi occhi smeraldini dentro i miei color nocciola.